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Il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus Erxleben, 1777) o cervo corso è una sottospecie endemica sardo-corsa del cervo europeo (Cervus elaphus), un mammifero ruminante dell'ordine degli Artiodattili. Il nome scientifico richiama la sua prima osservazione in Corsica, ma l'animale si è estinto nell'isola attorno alla metà degli anni sessanta, per esservi poi reintrodotto solo nella seconda meta degli anni Ottanta.

Pur essendo una sottospecie piuttosto diversa rispetto al cervo europeo, l'origine del cervo sardo è da considerarsi artificiale, ed attuata, da parte dell'uomo, nell'ultimo periodo dell'età del bronzo (1200-700 a.C.).

L'origine del cervo sardo-corso rappresenta ancora oggi un mistero e la sua importazione si giustificherebbe per la presunta utilità che l'animale avrebbe potuto recare all'uomo, in particolare nell'ambito sacro-rituale. [1]. Si ritiene infatti che questo ungulato possa aver destato un interesse casuale o di generica utilità, oppure come specie venatoria, tanto da garantirgli un passaggio in Sardegna o in Corsica (in concomitanza o in precedenza rispetto ad altre specie venatorie come il daino sardo e la lepre sarda, anche se il cervo presente in Sardegna è di origine europea, mentre il daino proviene dal Vicino Oriente e la lepre dall'Africa). Favorito anche dalle selve e dalle rigogliose foreste che ricoprivano le due isole, l'animale si è successivamente diffuso uniformemente su tutto il territorio.

Tra la fine dell'Ottocento e soprattutto i primi decenni del Novecento, in concomitanza con la forte deforestazione, l'intensificarsi della caccia e degli incendi pastorali, il cervo ha visto ridursi notevolmente sia la propria densità distributiva, sia il proprio areale, nonostante la prima legge del 1939 che imponeva in Sardegna il divieto totale di caccia al cervo.

Si tratta della varietà sardo-corsa del cervo rosso europeo (Cervus elaphus elaphus Linnaeus), è leggermente più piccolo e più snello di esso. Lungo circa 2,50 metri compresa la coda, gli esemplari maschi raggiungono un'altezza al garrese attorno ai 100 cm ed un peso massimo di 130 kg. Le femmine, invece, hanno un peso compreso fra 70 e 80 kg. Il Cervo Sardo Corso rappresenta il più grande animale presente in Sardegna ed in Corsica.

Presenta la testa di medie dimensioni; il muso è allungato, tronco all'apice; gli occhi sono grandi; ha le orecchie ovali molto grandi e dritte; il collo si presenta grosso e lungo; il tronco robusto; gli arti, lunghi e snelli, sono muniti di due grosse dita provviste di robusti zoccoli (altre due dita laterali rimangono in stato rudimentale); la coda è corta e grossa; la sua pelliccia presenta peli abbastanza lunghi e spessi con un manto bruno scuro e parti inferiori più chiare; caratteristico è il cosiddetto disco codale, zona bianca nella parte posteriore delle cosce.

Il maschio ha palchi (impropriamente chiamati corna) caduchi, sottili e ramificati, fissati sull'osso frontale: i palchi vengono rinnovati ogni anno e nei primi anni di vita cadono e rispuntano con un ramo in più. La femmina è completamente sprovvista di palchi e presenta mammelle in numero di 4.

Rispetto al cervo europeo il ciclo riproduttivo risulta anticipato di circa un mese, con il bramito (decisamente più cupo rispetto alla specie continentale) che presenta il picco nella prima metà di settembre. La gravidanza dura 33-34 settimane. I piccoli (in genere uno, più raramente due) nascono tra maggio e giugno.

Predilige le fitte foreste di macchia mediterranea alta e la boscaglia. Gli areali di diffusione sono ancora limitati e localizzati a specifiche aree, seppure in costante espansione, grazie a mirate reintroduzioni.

Fino al XIX secolo la popolazione di cervo sardo corso viene descritta come "comune e abbondante" in entrambe le isole. La drastica diminuzione delle aree forestali, la frammentazione del territorio, l'aumento del numero degli incendi, la caccia e la conflittualità nell'utilizzo delle risorse naturali con l'agricoltura e l'allevamento fecero ridurre all'inizio degli anni Cinquanta la popolazione di Cervo Sardo Corso a sole tre aree, l'Arburese, il Sulcis ed il Sarrabus, nonostante una Legge già nel 1939 aveva introdotto il divieto totale di caccia al cervo in Sardegna.

Alla fine degli anni sessanta fu inserito nella Lista rossa IUCN con una popolazione stimata fra i 100 ed i 200 esemplari in Sardegna, mentre nel 1969 si estingueva completamente in Corsica (quando fra il 1967 ed il 1969 morirono gli ultimi 4 esemplari che vivevano nella riserva nazionale di caccia di Casabainda). La completa estinzione della specie in Corsica fece suonare un forte campanello di allarme in Sardegna. Negli anni settanta il primo censimento attendibile stimò una popolazione superstite di 90 maschi bramenti equivalenti a 250-300 esemplari. Questa popolazione era frazionata in due nuclei, dislocati nei monti del Sulcis e del Sarrabus, ai quali si aggiungevano pochi esemplari confinati nell'areale di Montevecchio – Costa Verde.

La salvaguardia dall'estinzione di questa specie ha la sua pietra miliare nella metà degli anni ottanta, con l'acquisizione della Riserva di Monte Arcosu da parte del WWF Italia.

L'opera di tutela dell'associazione, affiancata dall'attività di allevamento e ripopolamento attuata dall'ex Azienda Foreste Demaniali della Sardegna, ha permesso di allontanare lo stato d'emergenza consentendo l'incremento della popolazione nel territorio del Sulcis e la sua reintroduzione negli areali del Sarrabus e del Monte Linas e, recentemente (2003), nella stazione forestale del Monte Lerno[3] e in Corsica (Quenza e Casabianda - dove i primi 4 esemplari furono trasferiti nel 1985)[4][5]. Negli anni si sono susseguiti tentativi di ripopolamento di altre aree, in particolare nella Barbagia, e nel Gerrei. Nell'opera di salvaguardia sono stati coinvolti diversi organismi pubblici o privati. Alle azioni dell'Ente foreste della Sardegna, dell'Università di Cagliari, del WWF Italia si sono affiancati nel tempo gruppi di volontari e associazioni che operano in contesti locali. Dal 1989, a Guspini opera l'associazione Elafos, che si occupa della salvaguardia di questa specie nell'areale di Montevecchio – Costa Verde, eseguendo un censimento annuale della popolazione.

Un censimento del 2005 stimava una popolazione di oltre 6.000 esemplari allo stato libero in Sardegna, distribuita in tre areali non contigui della parte meridionale dell'isola:

  • Sulcis: quasi 2.600 esemplari, di cui 1.000 nella Riserva di Monte Arcosu e 1.500 nei territori contigui delle foreste demaniali di Gutturu Mannu, Monte Nieddu e Is Cannoneris.

  • Sarrabus: oltre 2.000 esemplari.

  • Areale di Montevecchio – Costa Verde e Monti dell'Iglesiente: quasi 1.500 esemplari, di cui 1.250 nell'areale di Montevecchio e i restanti nel Monte Linas.

A questi si aggiungevano circa 400 esemplari confinati nei recinti faunistici dell'Ente Foreste, fra cui Monte Lerno, Montarbu di Seui e nel Tacco di Ulassai, nonché la popolazione in Corsica, che si stimava essere di circa 150 esemplari.

Il cervo sardo è fra le specie particolarmente protetta a livello nazionale (art. 2 L. 157/92) e regionale (art 5 L.R. 23/98). Inoltre è inserita nelle specie individuate dall'Allegato II della Direttiva Europea "Habitat" 92/43/CEE come specie prioritaria.

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© 2017 by Filippo Lentis

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